Nel giorno di Natale vogliamo raccontarvi di alcune piante simbolo di questo giorno. Le avrete sicuramente trasformate in addobbi per le vostre case e al vederle la vostra memoria ritorna alle atmosfere magiche del Natale vissuto da bambini!
Il sodalizio tra queste piante e la festività natalizia è dovuto a suggestive leggende e antichissimi miti dai significati profondi, arrivati sotto forma di tradizioni ormai consolidate in tutte le famiglie che la celebrano ogni anno!
Il vero protagonista è l’abete, Abies alba, ovvero l’albero di Natale. Conico e slanciato, fin dall’antico Egitto è considerato l’albero della Natività sotto il quale era nato il dio di Biblos.
In Grecia era sacro alla dea Artemide, cioè alla Luna, protettrice delle nascite, per la quale se ne sventolava un ramo intrecciato con dell’edera e coronato sulla punta da una pigna.
Nel calendario celtico l’abete era consacrato al giorno della nascita del fanciullo divino, giornata che seguiva il solstizio d’inverno. E nel Medioevo le popolazioni scandinave e germaniche usavano recarsi nel bosco a tagliare un abete che veniva poi decorato con ghirlande, uova dipinte e dolciumi, intorno al quale passare tutta la notte in festa.
Nei paesi latini la tradizione, presente nei paesi germanici e scomparsa dopo la loro evangelizzazione, penetra molto tardi. Nel 1840 la principessa Elena di Mecklenburg, che aveva sposato il duca di Orléans, introdusse l’albero di Natale alle Tuileries, suscitando la sorpresa generale. Fu solo allora che il tradizionale decoro dell’abete bianco o rosso (Picea excelsa) si diffuse, trasformandosi nel simbolo della nascita del Cristo. Persino gli addobbi sono stati interpretati cristianamente: i lumini come luce del Cristo sull’umanità e i dolciumi appesi o raccolti ai suoi piedi (i pacchettini regalo diremmo oggi) come simboli della Vita spirituale e dell’Amore che Egli offre.
Il fulmine celeste: il vischio
La tradizione natalizia prevede di appendere agli usci delle porte o portare al collo un rametto di vischio (Viscum album) come amuleto contro le disgrazie e gli influssi negativi.
Tradizionalmente i rametti di questa pianta semiparassita che vive sugli alberi, venivano fatti cadere scuotendoli con dei bastoni e afferrandoli prima che cadessero per terra perché raccoglierli a mano, ancor peggio se con la sinistra, era considerato causa di malasorte. Secondo un’altra consuetudine, le fanciulle dovevano scambiare un bacio sotto il vischio per scongiurare il rischio di non sposarsi l’anno successivo. Queste usanze derivano dai celti che consideravano il vischio una pianta misteriosa, un dono divino data la sua capacità di crescere senza radici, sul ramo di un’altra pianta e, secondo le loro credenze, laddove era caduta una folgore, simbolo della divinità e dunque di immortalità e di rigenerazione.
Con il Cristianesimo il vischio assume il simbolo di Cristo, anch’esso nato misteriosamente e ospite dell’umanità. Sebbene inizialmente non accettata dalla tradizione Cristiana perché legata alle religioni pagane, si diffuse tra i cristiani tramite leggende secondo le quali il vischio nasce come pianta ‘normale’ usata per realizzare la Croce e per questo maledetta dal Signore a crescere rachitica e senza radici.
L’agrifoglio e il pungitopo: amuleti solstiziali
Gli antichi romani portavano ramoscelli di agrifoglio, Ilex aquifolium durante i Saturnali, i giorni di festa che precedono il solstizio invernale, come talismani protettivi, sostenendo che questo soprattutto se piantato nei pressi della propria abitazione, tenesse lontano i malefici. Il significato prende probabilmente spunto dall’ aspetto coriaceo delle foglie e dai margini pungenti che evocano una funzione di difesa, di ‘durata’, sopravvivenza e prosperità dati i frutti rossi che maturano in autunno e durano per tutto l’inverno. Così come il pungitopo, Ruscus aculeatus, arbusto sempreverde, con frutti rossi persistenti e foglie pungenti, è simbolo di rinascita del sole al solstizio.
Si racconta sulla scia dei vangeli che i re Magi arrivarono ai primi di gennaio nella grotta di Betlemme portando i doni al Bambin’ Gesù. Una pastorella, che nulla aveva da offrire al Salvatore, vide sbocciare tra la neve alcuni fiori bianchi dalle antere dorate e con le lacrime agli occhi decise di portarglieli in dono. Questo fiore era la rosa di Natale, Helleborus niger, dalle foglie sempreverdi, coriacee, color verde scuro, così chiamata per le antere gialle i suoi fiori bianchi che sbocciano d’inverno, da dicembre in poi, evocando con l’alba del solstizio invernale e l’oro del sole nuovo.
La stella di natale: una consuetudine recente è quella di regalare a Natale una pianta di Euphorbia pulcherrima le cui brattee a raggiera si colorano diventando rosso acceso proprio nei giorni natalizi, quasi a simboleggiare una rinascita solstiziale. Fu scoperta nel 1520 dagli spagnoli di Cortés ma solo nel 1825 l’ambasciatore degli Stati Uniti in messico, Joel Robert Poinsett, da cui prende il nome di Poinsettia pulcherrima, colpito dalla sua bellezza, ne portò negli Stati Uniti degli esemplari da coltivare. Nel Novecento prevale come regalo di Natale, insieme al vischio e l’agrifoglio e la tradizione giunge presto anche in Italia, diffondendosi a tal punto da essere ora intensamente coltivata soprattutto in Sicilia, dove ha trovato un clima favorevole.
Davvero interessante conoscere la simbologia dietro ad ogni nostra tradizione festiva legata alle piante di Natale, conoscevate questi aneddoti, vi incuriosiva saperne qualcosa di più?